
Maria Cristina Mazza
Perché faccio quello che faccio
Tutto nella mia storia si intreccia con ciò che è “ALTRO”. Un incontro continuo tra ciò che sembrerebbe inconciliabile, una tensione continua a mediare tra conflitti ed asperità.
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La comunicazione tra esseri viventi e tra questi e la Terra intera e l’Universo si è espressa in me prima attraverso un approccio sistemico nelle Scienze, per giungere poi all’arte dell’acquarello su carta. Qui i materiali acquisiscono le dimensioni dell’incontro tra Natura, acqua e pigmenti, e l’opera umana, la carta ed il prodotto artistico. Questa saldatura si propone come un ponte che unisce la Natura e l’Uomo, che è in definitiva la ricerca della mia vita: una ricerca di senso che trova le sue risposte tanto nella Terra, sistema imprescindibile da rispettare, quanto nell’Universo, di cui l’Uomo e tutti i viventi sono parte infinitesimale.
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Sorge da qui lo stupore dell’osservazione e della conoscenza possibile, la meraviglia di fronte alla grandezza dell’architettura naturale in cui sono e siamo inseriti. Non si tratta di un’estatica ammirazione della perfezione, di fatto inesistente, della Natura, ma di un’interazione tra gli elementi naturali ed il mio sentire profondo. L’acqua stessa non può essere governata in modo rigido, ma lascia spazio ad effetti imprevisti e fantastici, che permettono di far emergere nuove opportunità e sfumature.
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Come la trasformazione evolutiva caratterizza la Biosfera, così il processo artistico dell’acquarello si apre ad effetti e tonalità inattese. Anche l’errore perde di significato e, come nell’evoluzione, può assumere nel prodotto artistico valenze nuove nella relazione tra il soggetto ed il contesto fisico e temporale.
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Il fatto che le mie opere prevalenti ed iniziali siano nel campo dell’acquarello botanico non è indice di ricerca di perfezione, ma di passione per il ritratto dell’essere vivente vegetale, a cui dobbiamo la vita all’interno della nostra limitata Biosfera. Le piante, fantastici viventi, che spesso nella realtà quotidiana dimentichiamo di chiamare per nome, quasi fossero inanimate, sono i fondamentali autori del cibo che ci nutre e dell’ossigeno che respiriamo. La nostra vita dipende totalmente da loro. Loro, considerate gli ultimi tra i viventi, sfruttate da economia e tecnologia, eliminate savanizzando le foreste tropicali, loro, barriera contro il dissesto idrogeologico ed il cambiamento climatico. Ecco, ritrovarle nei miei acquerelli botanici mi appaga e mi onora.
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La curiosità e la visione globale della realtà mi hanno spinta agli inizi e mi spingono ora verso nuovi soggetti, come paesaggi ed animali. Anche nei paesaggi, in cui può dominare l’azione creatrice della Natura o l’opera della mano modificatrice dell’uomo, la ricerca si manifesta come spazio di incontro e di sintesi. Una ricerca che si esprime anche attraverso l’uso di nuovi materiali come i pastelli o di forme d’arte diverse, come la poesia. In essa il dipinto si crea attraverso parole e suoni, quelli della lingua che dipinge storia presente e passata, filtrata da sentimenti ed emozioni, e che diventa fluida come l’acqua.
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Il piacere di esprimere arte e comunicare attraverso queste forme con altri esseri umani produce sintonie di senso, di significati, di espressione interiore che danno voce non solo al mio sentire, ma anche a quello di chi fruisce delle mie opere.